Il minority stress è l’insieme degli effetti psicologici e fisiologici associato alle condizioni sociali avverse in cui vivono le persone che fanno parte di minoranze etniche, sessuali e religiose o di altri gruppi sociali stigmatizzati. Questo termine è stato coniato nel 1995 dallo psicologo Ilan H. Meyer.
In questo articolo voglio raccontarti meglio cos’è il minority stress, quali sono le cause e le conseguenze e come affrontarlo, non solo per per ridurne gli effetti negativi sulla salute e sul benessere psicologico, ma anche per renderlo una fonte di crescita e sviluppo per la persona.
In particolare, qui troverai informazioni su:
- Le cause del minority stress
- Il minority stress nelle persone LGBT+: esperienze vissute, stigma percepito e omofobia interiorizzata
- Come agisce il minority stress?
- Come fare per ridurne gli effetti negativi e renderlo una risorsa?
Le cause del minority stress
Alcune delle esperienze più comuni che possono causare questa particolare forma di stress sono:
- Subire pregiudizio o discriminazione
- Subire molestie o violenza, verbali o fisiche
- Aspettarsi o sperimentare il rifiuto da parte dell’altr*
- Nascondere la propria identità relativa alla minoranza di appartenenza (per questo il coming out è molto importante per la salute psico-fisica delle persone LGBT+)
- Interiorizzare atteggiamenti sociali negativi rispetto alla propria minoranza, che si traducono in una visione negativa di sé (nel caso delle persone LGBT+ parliamo di omo-lesbo-bi-transfobia interiorizzata)
Il minority stress nelle persone LGBT+
Il minority stress può agire ed essere vissuto in modi diversi a seconda delle minoranze di appartenenza: alcune appartenenze, come quella etnica o linguistica ad esempio, possono essere più visibili; mentre altre minoranze, come quelle sessuali e religiose, possono essere meno visibili e richiedono che la persona le debba esplicitare, se vuole condividere questa parte della sua identità con altr*.
Un’altra differenza sta anche nel contesto e nelle difficoltà specifiche che mediamente le persone di una certa minoranza devono affrontare: le persone LGBT+ ad esempio spesso non possono contare sul supporto del nucleo famigliare, a differenza delle persone che fanno parte di una minoranza etnico-religosa.
Per quanto riguarda le persone LGBT+, il minority stress è formato da tre fattori: le esperienze vissute, lo stigma percepito e l’omofobia interiorizzata.
Le esperienze vissute
Le esperienze che possono causare minority stress riguardano episodi di discriminazione, pregiudizio, molestie o violenza che la persona ha subito o di cui è stata testimone, diretta o indiretta.
Rientrano tra queste esperienze, quindi, non solo le quelle che accadono nello specifico a quella singola persona, ma anche avvenimenti che accadono ad altr* o fenomeni più generalizzati che riguardano l’intera comunità di cui fa parte: l’hate speech, le politiche espressamente anti-LGBT+, la mancanza di leggi precise ed adeguate a tutela dei diritti sono tutte esperienze – purtroppo all’ordine del giorno – che, unite all’interno di un contesto di generale pregiudizio – possono avere un impatto molto forte sul benessere psicologico della persona.
Ancora più significativi, tra le esperienze indirette, sono gli episodi di violenza rivolti ad un membro della stessa comunità di cui la persona può essere testimone diretta (ovvero essere fisicamente presente) oppure indiretta (ad esempio vedere un video in tv o su internet): di fronte a questo avvenimento, che può essere traumatico quasi quanto essere la vittima interessata, la persona non può fare altro che pensare “Poteva succedere a me”.
È sulla base di questi sentimenti di paura e preoccupazione, comuni ai membri di una stessa minoranza, che nascono o si rinforzano movimenti come il Black Lives Matters.
Lo stigma percepito
Lo stigma percepito riguarda proprio questo stato di vigilanza, relativa al timore di essere identificati come una persona LGBT+: più la persona percepisce la sensazione di discriminazione, più sarà “in allerta” e sensibile ai segnali potenzialmente minacciosi che provengono dall’esterno.
Pensieri come “Questa cosa mi è successa perché sono gay”, oppure “I miei capi non devono sapere che sono gay, altrimenti avrò problemi al lavoro”, derivano proprio dallo stigma percepito e sono tanto più invasivi quanto più questa percezione è dominante nella vita e nei pensieri della persona.
L’omofobia interiorizzata
L’omofobia interiorizzata è “l’insieme dei sentimenti e degli atteggiamenti negativi che una persona omosessuale può provare, più o meno consapevolmente, nei confronti della propria omosessualità”. La stessa cosa vale anche per altri orientamenti non etero e per le identità di genere non cisgender, quindi possiamo parlare anche di bifobia e transfobia interiorizzate.
La persona finisce, quindi, col sentire come propri i pregiudizi e le convinzioni discriminanti che vengono regolarmente proposti e reiterati dall’esterno.
Un meccanismo simile avviene con i ruoli di genere e prende il nome di misoginia interiorizzata, che consiste in un insieme di atteggiamenti svalutanti e diffidenti nei confronti delle donne e una generale propensione positiva per gli uomini da parte delle donne stesse.
L’omofobia interiorizzata può comprendere tanti stati d’animo ed emozioni differenti, che possono andare da una sensazione generalizzata di insicurezza e disistima verso se stess* ad un vero e proprio auto-disprezzo e ad una identificazione con gli stereotipi discriminatori.
Esiste quindi una dimensione del minority stress che è oggettiva (esperienze vissute) e una dimensione che è soggettiva (stigma percepito ed omofobia interiorizzata).
Come agisce il minority stress?
Abbiamo appena visto come il minority stress sia un fenomeno multidimensionale, che agisce su più livelli e che può comportare serie conseguenze per quanto riguarda la salute mentale della persona, ma, se elaborato, può anche portare ad attivare o potenziare risorse personali importanti, che possono elevare questo stato di salute.
I meccanismi di azione del minority stress non sono, perciò, lineari ma intrecciano tanti fattori diversi con esiti diversi da persona a persona.
Immaginiamo una persona che vive in un determinato contesto che ha determinate caratteristiche geografiche, economiche, politiche e sociali e immaginiamo che quella persona faccia parte di un gruppo che, in quel contesto, possiamo considerare una minoranza oggetto di discriminazione: a combinazione di appartenenza alla minoranza e contesto crea l’identità minoritaria della persona, un’identità con la quale quella persona si riconosce come parte di quella comunità.
Ora, questa persona è già soggetta, come tutte, ai fattori generali di stress ma, a questi, dobbiamo sommare il minority stress oggettivo e soggettivo.
Questi fattori di stress però, di per sé, non determinano la salute della persona ma possono essere contrastati oppure aggravati da altri elementi: le risorse individuali e sociali che la persona possiede e la rilevanza che la sua identità minoritaria ha all’interno di un’identità individuale molto più ampia.
In base a quanto la persona è consapevole di queste sue caratteristiche e potenzialità e in base a quanto e come le sa usare, il minority stress può avere un impatto più o meno forte sulla salute di questa persona.
Come ridurre il minority stress e renderlo una risorsa per la persona?
Per il momento non è ancora possibile, per le persone LGBT+ come per altre minoranze, vivere in un mondo del tutto privo di fattori che possano causare minority stress, però il potere che questi fattori hanno sulla salute psicologica variano da persona a persona a seconda degli strumenti che questa persona può mettere in campo a difesa di se stessa e del proprio benessere.
È importante, quindi, individuare o sviluppare le caratteristiche psicologiche della persona e le sue risorse sociali che possono aiutarla a contrastare il minority stress e a migliorare il suo livello percepito di benessere e soddisfazione personale.
Alcuni di questi fattori protettivi sono:
- Fare un percorso di coming out che comprenda un processo di auto-consapevolezza e integrazione della propria identità sessuale all’interno della propria identità individuale
- Alimentare e “nutrire” anche altri aspetti della propria identità rispetto alle quali ci si sente di avere una maggiore autostima
- Individuare una o più persone di riferimento con cui poter avere una relazione di confidenza e di amicizia, basata sulla fiducia e sull’autenticità, all’interno della quale ci si sente liber* di poter esprimere se stess*
- Avvicinarsi ad una più ampia rete sociale di supporto, come ad esempio la comunità LGBT+, può essere di grande aiuto per non sentirsi isolat* e imparare gradualmente ad affermare ed esprimere la propria identità nel modo che fa sentire più a proprio agio
L’aiuto di un* psicolog* può essere di grande valore per affrontare cause ed effetti del minority stress e imparare a gestirlo, oltre che per aumentare il proprio livello di salute e benessere mentale e fisico.
FONTI:
LINK E RISORSE UTILI:
CNOP – Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi: https://www.psy.it/