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Siamo abituati a distinguere il sesso biologico in “maschio” o “femmina”, credendo che non ci siano altre opzioni oppure che, se esistono, siano delle aberrazioni della natura o delle patologie. In realtà, non solo il genere va oltre la bipolarità maschio/femmina, ma anche il sesso biologico, che è l’argomento di questa puntata.
In questa puntata cercherò di mantenermi sul semplice perché mi addentro in alcuni campi che non sono i miei, come quelli della biologia e della medicina. A questo proposito, voglio ringraziare la dott.ssa Giulia Ranzani, ostetrica e consulente sessuologa, che ha revisionato i contenuti di questa puntata e ti consiglio di seguire il suo profilo Instagram, pieno di contenuti estremamente validi e interessanti.
Dunque, perché è utile comprendere qualcosa in più sulla fisiologia del nostro corpo per comprendere le identità sessuali? Io ho individuato due motivi principali:
- Il primo motivo è che non si può parlare di identità senza parlare di fisicità: mente e corpo vivono insieme, si integrano, hanno bisogno l’una dell’altro, soprattutto quando parliamo di genere e sessualità. Il corpo ci permette di riconoscerci in una rappresentazione di genere, ci permette di esprimere la nostra identità e ci permette anche di fare esperienza della sessualità;
- Il secondo motivo è quello di andare oltre la dualità: siamo abituati a credere che vedere la sessualità e il genere come uno spettro, come un ventaglio di possibilità anziché come un binario in cui ci sono solo due poli (maschio/femmina, etero/omo) sia una forzatura. In altre parole, stiamo iniziando a comprendere e accettare questo concetto come espressione dell’identità delle persone, ma facciamo ancora fatica ad associarlo all’aggettivo “naturale”. In realtà, gli studiosi della natura – da quella umana a quella animale – osservano da tempo che questa è tutto fuorché rigida e binaria.
Ma andiamo con ordine e prendiamoci il tempo per un paio di definizioni.
Il sesso biologico è il carattere che permette di distinguere gli esseri viventi della stessa specie in generi differenti ed è alla base della capacità di questi esseri viventi di riprodursi.
Negli esseri umani, il sesso biologico viene “assegnato alla nascita”, il che implica che ci sia qualcuno incaricato di questo compito e non è scontato che le scelte siano solo due, ovvero maschio e femmina.
Come si fa, dunque, ad assegnare correttamente il sesso biologico?
Al momento della nascita, ciò che si può verificare nell’immediatezza è la conformazione esterna dell’apparato genitale o riproduttivo che, insieme ai cromosomi, rientrano nei caratteri sessuali primari, chiamati così perché, appunto, sono presenti e osservabili fin dalla nascita e, in parte, anche prima. Ci sono poi i caratteri sessuali secondari, che compaiono successivamente nel corso della crescita e che caratterizzano ancora di più i generi, come ad esempio la crescita dei peli, la crescita del seno, la comparsa del ciclo mestruale e così via.
Quando nasce un* bambin*, quindi, il medico o l’ostetrica assegnano il sesso biologico al* neonat* in base ai caratteri sessuali primari: cosa semplice e priva di intoppi, tu mi dirai. D’altronde, o è maschio o è femmina, giusto?
Sbagliato, perché esistono anche le persone definite intersex o intersessuali, ovvero quelle persone che presentano cromosomi sessuali, genitali o caratteri sessuali secondari che non sono definibili esclusivamente come maschili o femminili.
Inoltre le persone intersessuali possono presentare delle caratteristiche anatomiche e fisiologiche sia maschili che femminili e non è detto che la loro condizione si manifesti fin dalla nascita.
Di conseguenza, anche se per legge deve essere assegnato loro un sesso biologico alla nascita, non è detto che quest’ultimo rispecchi non solo la loro identità, ma neanche la loro fisicità.
In sostanza, l’intersessualità ci fa capire che considerare il genere come uno spettro e non come una coppia di opposti, non è tanto una questione di opinioni o di punti di vista, quanto una questione di saper osservare la realtà e comprendere, se vogliamo, la natura stessa.
Se, da un lato, è vero che questa condizione può portare in alcuni casi a dei rischi per la salute e che, in questi casi, è possibile che si debba intervenire con procedure mediche; dall’altro è vero anche che questa condizione non è patologica di per sé.
Oggi esistono gruppi e associazioni in difesa dei diritti delle persone intersex e quella delle persone intersessuali è diventata una comunità, che è stata inclusa nella più vasta comunità LGBT+: la I dell’acronimo LGBTQIA infatti sta proprio per intersex o intersessuali. E’ importante però sottolineare, per chiarezza, che l’intersessualità non è un orientamento sessuale (per intenderci: non si è etero, gay o intersex) ma è una condizione fisica, che si può presentare dalla nascita oppure può manifestarsi successivamente e ha a che fare con le caratteristiche del corpo.
Le persone intersessuali, infatti, si trovano in una condizione molto particolare, in cui ciò che può essere in pericolo è, non solo la propria salute, ma anche la propria possibilità di scelta e la capacità di autodeterminarsi e scoprire autonomamente la propria identità di genere.
Oggi, non si effettuano più interventi medici o chirurgici a meno che non ci sia un comprovato pericolo per salute, ma in passato l’intersessualità è stata una condizione fortemente medicalizzata, ovvero veniva affidato alla medicina il ruolo di decidere per queste persone quale dovesse essere il loro sesso biologico, attuando interventi anche molto invasivi per modificarne la fisicità in favore del genere maschile oppure femminile.
Il genere, però, è un costrutto che, come abbiamo visto, non è solo fisico, ma soprattutto psicologico e sociale, quindi questa medicalizzazione ha portato molte persone intersessuali a sentirsi vittime di un abuso, di una violenza, che è passata attraverso l’assegnazione chirurgica di un genere binario in cui poi queste persone non si sono riconosciute o che, comunque, le ha portate a vivere la propria identità sessuale con disagio.
In conclusione, spero che questa puntata – anche se breve e puramente introduttiva – ti abbia dato qualche strumento in più per comprendere meglio un concetto che è tanto evidente dal punto di vista scientifico, quanto difficile da cogliere dal punto di vista sociale: la natura è variabilità, la natura è anomalia, laddove anomalia non sempre significa anche patologia, ma semplicemente un’espressione diversa della natura stessa.
FONTI:
APA – American Psychological Association. Answers to Your Questions About Individuals With Intersex Conditions (2006).