Uomini si nasce o si diventa?

***

Premessa: per comodità, in questo articolo uso indifferentemente i termini mascolinità e essere uomini per tradurre il termine inglese manhood, che indica non solo l’essere appartenenti al genere maschile dal punto di vista biologico, ma anche il passaggio degli uomini dall’adolescenza all’età adulta, in cui essere uomini – così come  la womanhood per le donne – assume anche un significato intimo e personale, che influenza la percezione di sé, i comportamenti e le relazioni con gli altri.

***

Qualche settimana fa ho letto un libro di Lorenzo Gasparrini, Diventare Uomini. Relazioni maschili senza oppressioni, un saggio molto accessibile e scorrevole che consiglio a tutti – l’ho finito in due giorni – e che apre uno sguardo sulle differenze di genere dal punto di vista di un uomo etero.

Sì, in quanto «uomo etero», perché i vantaggi sociali che il patriarcato mi conferisce per il solo appartenere a questo genere sono pagati a caro prezzo, non solo dagli altri generi ma anche dal mio, che si vede confinato in un mondo di virilità, mascolinità, machismo, maschilismo, prepotenze, razzismi vari e che mi pone sempre obiettivi irraggiungibili. Il tutto mentre mi istupidisce raccontandomi che tutto ciò è innato, immutabile, perché è, con la più ipocrita delle parole, naturale.”

Lorenzo Gasparrini – Diventare Uomini

Tra una miriade di citazioni prese dalla letteratura filosofica e antropologica, Lorenzo ripercorre le tappe nella vita di un uomo, dalla nascita fino all’età adulta, passando dall’educazione dei bambini alle relazioni con il sesso opposto.

Questo libro è una finestra aperta su un mondo che ha un milione di sfaccettature: mi interessa capire sul significato dell’ essere uomini.

Così, in questo articolo, prendo spunto da una rassegna di studi pubblicata sulla rivista scientifica Psychology of Men & Masculinity per parlare di questo tema.
L’aspetto interessante di questo studio è che non prende in considerazione quali siano le caratteristiche che un uomo deve avere per “essere uomo”, ma piuttosto le caratteristiche della mascolinità stessa e, mettendo insieme diversi studi, formula una teoria molto netta: la mascolinità è una condizione precaria.

Cosa significa “essere uomini”?

Cosa significa essere uomini? Quali sono le caratteristiche che sanciscono il raggiungimento della piena mascolinità?

È vero, non c’è una risposta univoca. In epoche e in culture differenti, essere uomini ha assunto e continua ad assumere significati diversi.

Nonostante questo, i ricercatori hanno identificato delle caratteristiche della mascolinità così come la intende la cultura occidentale post-industriale. Insomma, così come la intendiamo noi. Riassumendo, l’ essere uomini” è uno status che:

  • va duramente guadagnato;
  • si può perdere in qualunque momento;
  • va continuamente provato e confermato attraverso azioni pubbliche.
La mascolinità va guadagnata

Questo filone di studi ha analizzato le differenze tra womanhood e manhood , sottolineando un aspetto interessante: se per il genere femminile il passaggio da bambine a donne inizia con un preciso momento della vita in cui avvengono dei cambiamenti fisici ben visibili, ovvero lo sviluppo e l’arrivo del ciclo mestruale – forse perché, anche se ancora in modo immaturo, rimanda fin da subito alla capacità di poter diventare madre – per gli uomini questo momento così nettamente definito non esiste.

Anche per il genere maschile ci sono dei cambiamenti fisici importanti, ma manca questa sorta di momento iniziatico che segna il passaggio dallo status di bambino a quello di uomo: nelle società preindustriali – e in alcune culture ancora oggi – esistevano dei riti d’iniziazione, delle prove di forza o di coraggio che, se superate, sancivano la “promozione” allo status di uomo.

Ma, oggi, in una società molto diversa, in cui questo passaggio non avviene attraverso un rito formale, come si fa a capire di essere diventati uomini? E, soprattutto, come si fa a farlo capire agli altri?

Sì, perché le persone intervistate in questi studi – sia uomini che donne – hanno descritto la mascolinità come qualcosa di molto più definito dall’esterno e molto più soggetto all’approvazione sociale rispetto alla femminilità.

Non sei tu, o lo sviluppo fisiologico, a decidere quando sei diventato un uomo, sono gli altri a deciderlo, ed è questo che rende il tuo status sempre precario e mai guadagnato una volta per tutte.

La mascolinità si può perdere in qualunque momento

Proprio per la mancanza di un momento biologicamente definito e spontaneo in cui si manifesta la mascolinità, il sistema sociale di riferimento in cui viviamo si assume il compito di distinguere chi è uomo e chi non lo è. Prendendo come riferimento il contesto culturale tipicamente occidentale, i termini con i quali viene definita la mascolinità disegnano un quadro piuttosto stereotipato in cui vengono annoverate caratteristiche fisiche e comportamentali ben definite, che vanno dalla forza fisica alla risolutezza di carattere, fino all’aggressività, all’ostentazione di pensieri e comportamenti omofobici (dei quali si può essere più o meno convinti) e al rifiuto del femminile.

Proprio a causa della sua precarietà e dalla sua dipendenza dal giudizio sociale, la mascolinità non è mai guadagnata una volta per tutte, al contrario può essere revocata in qualunque momento. Basta mettere in discussione lo stereotipo di cui sopra, o manifestare una maggiore flessibilità e libertà nell’esprimere la propria mascolinità e, subito, si corre il rischio di vanificare l’arduo lavoro fatto per conquistarla.

La mascolinità va continuamente provata e confermata attraverso azioni pubbliche

Nel descrivere il significato che davano all’ essere donne e all’ essere uomini, i partecipanti a questa serie di studi hanno collegato alla womanhood più caratteristiche intime e caratteriali (ad esempio “essere accogliente”) e alla manhood  più comportamenti facilmente riconoscibili dall’esterno (ad esempio “riparare un mobile”).

Tra le caratteristiche comportamentali che venivano collegate maggiormente all’ essere uomini c’era l’aggressività. Inoltre, uomini e donne riconoscono la causa dei loro comportamenti aggressivi in dinamiche diverse.

Se, infatti, le donne tendono a spiegare i loro comportamenti aggressivi come accessi d’ira repentini, da cui vengono colte improvvisamente e che non riescono a controllare; gli uomini tendono a spiegare i loro comportamenti aggressivi come la conseguenza naturale di un’aspettativa degli altri su di loro. La maggioranza degli uomini intervistati riconosce nella propria azione aggressiva o in quella di un altro uomo (per esempio una rissa in un luogo pubblico) una risposta alla richiesta sociale che viene implicitamente fatta loro, ovvero dimostrare di essere uomini.

Se, quindi, la società si assume il compito di decretare chi è uomo e chi non lo è, d’altro canto è compito degli uomini dimostrare continuamente – con comportamenti e azioni inequivocabili – di essere meritevoli del loro status.

Qual è il problema in tutto questo?

Naturalmente, chi si occupa di studi di genere sa e riconosce, per primo, che gli studi scientifici non descrivono ogni sfumatura del vissuto e del comportamento umano né le loro conclusioni sono valide per il 100% della popolazione mondiale.

Al contrario, molti altri studi – che scopriremo man mano – raccontano dei molteplici modi in cui adolescenti e adulti vivono ed esprimono la propria mascolinità, la propria femminilità o in un genere non-binario.

Al tempo stesso, però, gli studi raccontano delle realtà che esistono e che hanno una grande rilevanza dal punto di vista dell’impatto sulla società e sulla salute degli individui.

Parlando di mascolinità precaria, gli studi di genere nel campo psicologico parlano di Gender Role Conflict, ovvero “uno stato psicologico in cui l’interiorizzazione degli stereotipi sociali sul gender ha conseguenze negative per sé stessi o per gli altri”.

In altre parole, il rapporto con la propria appartenenza ad un genere piuttosto che ad un altro e il modo in cui la esprimiamo è qualcosa di molto intimo, che matura col tempo e che ha una grande influenza sul modo in cui vediamo noi stessi e le relazioni con gli altri. Nel caso specifico degli uomini, la ricerca – ma anche parte dell’opinione pubblica – ha portato alla luce tutti i limiti e i rischi di un modello maschile così limitato come quello che abbiamo proposto a uomini e ragazzi finora.

Stress, ansia, una maggiore tendenza ad avere comportamenti aggressivi e rischiosi e il rifiuto forzato di tutto ciò che viene considerato femminile sono alcuni degli aspetti negativi che accompagnano questa mascolinità precaria e li approfondiremo tutti nella seconda parte di questo articolo.

FONTI:

Vandello J.A., Bosson J.K.. Hard Won and Easily Lost: A Review and Synthesis of Theory and Research on Precarious Manhood. 2013, Psychology of Men & Masculinity.

Commenti

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.